FILIPPINE,TIFONE HAYAN: “COME HO SALVATO LE MIE BIMBE DAL TIFONE”.

FILIPPINE,TIFONE HAYAN: "COME HO SALVATO LE MIE BIMBE DAL TIFONE".

Hayan, 2 novembre 2013, Oceano Pacifico occidentale-Filippine.

Basta un nome, una data e un luogo … Il resto sopraggiunge rapido per ricordare, ad una memoria ormai sbiadita, uno dei più grandi disastri in termini di vite umane e distruzione antropico-ambientale: il tifone delle Filippine! Il suo passaggio ha devastato l’intero paese e il suo popolo, lasciando in eredità devastazione e nei corpi e negli animi di chi gli sia sopravissuto.

A due anni dall’accaduto, il Vides, presente fin da subito con interventi di emergenza legati ai bisogni primari e con ulteriori aiuti, tutt’ora in corso, per la ricostruzione di una vita sicura e sostenibile, in un ambiente naturalmente vulnerabile e a rischio, vuole condividere la testimonianza di un giovane padre che ha portato in salvo le sue piccole bambine. La testimonianza è stata raccolta da sr Giovanna, il nostro direttore generale, e Valentina, una delle nostre progettiste, nell’ultima missione di sopralluogo e monitoraggio del progetto nelle zone colpite.

Hajji rayan Avila : “come ho salvato le mie bimbe dal tifone”

Quella mattina ero a casa con le mie figlie, Caya e Ctherina. Mia moglie, infermiera, era stata chiamata al prontosoccorso allestito, in vista del tifone, dal dipartimento sanitario locale. Sapevamo da giorni che un nuovo tifone si sarebbe abbattuto nel paese, ma nessuno poteva immaginare la sua intensità … Non ricordo un tifone così forte come quello Hayan.

Era mattina, intorno alle 6, la notte era stata calma e silenziosa, nessuno poteva presagire quello che di lì a poco sarebbe successo. Improvvisamente si sollevò un vento fortissimo, accompagnato da una pioggia dirompente  che batteva sulla casa … Le mura tremavano, dalle finestre non si vedeva più niente, anche il tetto sembrava scoperchiarsi da un momento all’altro.

Senza pensare ho preso le mie due figlie e sono uscito di casa. Giusto in tempo, la casa è crollata. Arrampicandomi dalle finestre ho trovato rifugio nella casa del vicino, più alta della mia. Eravamo all’ultimo piano … l’acqua del mare avanzava velocemente e aveva già inondato la strada, sommerso le case più basse ed entrata in quelle dove noi avevamo trovato rifugio. In pochi minuti aveva già completamente inondato il primo piano e velocemente stava salendo anche al secondo. presto ha raggiunto anche noi. Nella confusione sono riuscito a trovare una corda e ho legato il braccio di ciascuna delle mie figlie al mio. Avevo paura che la forza dell’acqua potesse trascinarle via … sono piccole. 

L’acqua continuava a salire senza tregua, ormai eravamo schiacciati al soffitto. Mia madre voleva scappare, ma fuori era l’inferno; il vento e la pioggia non davano cenno di smettere, l’acqua continuava a salire e a trascinare con se tutto quello che trovava lungo il percorso: case, barche, alberi di cocco … Siamo rimasti dentro casa, terrorizzati e sicuri di morire. Ad uncerto punto l’acqua ha smesso di salire e piano piano ha iniziato a scendere … non ci potevo credere, eravamo salvi, almeno per il momento! Tutto è successo in poco più di un’ora. In un’ora si è scatenato l’inferno … non avevo mai assistito nella mia vita ad un tifone così forte, e da noi capitano spesso … 

Una volta che la situazione è rientrata nella norma, sono uscito per strada … c’era di tutto, palme di cocco sdradicate, tetti, case, auto, barche e sopratutto corpi delle persone che avevano provato a scappare ma che, nella fuga, erano state raggiunte dal mare, annegando o rimanendo vittima del fango e delle macerie che la corrente trascinava con se. le poche scorte di cibo presenti nel villaggio in tre giorni sparirono. Al quarto giorno, mia moglie rimase con le bambine ed io, insieme ad altri sopravissuti, andammo a piedi verso la città di Tacloban, sperando di trovare ancora qualcosa da mangiare. Nell’aria c’era un odore ammorbante, le strade erano piene di cadaveri  e gente disperata alla ricerca di soldi e di qualcosa da mangiare. Al quinto giorno sono arrivati i primi aiuti, non dal governo filipppino, che non si è fatto vedere, ma da parte di ONG e associazioni nazionali e internazionali.

Per i primi giorni sono rimasto, insieme alla mia famiglia, nella casa del vicino in cui avevo trovato rifugio durante il tifone, dopo di che, una volta ripristinati i trasporti, siamo saliti sul primo bus per Manila, dove dei nostri parenti ci hanno accolto per alcuni mesi. Oggi sono tornato al mio villaggio, ma la nostra casa è ancora in costruzione e, per il momento, viviamo con la famiglia di mio cugino. Sto cercando di fare il possibile per finirla, ma, nello stesso tempo, sto lavorando sodo per riuscire a compreare il materiale migliore e renderla sicura per le mie figlie.

Alla luce di quanto in questo drammatico momento sta vivendo il Nepal, il Vides non crede che ogni nuova emergenza debba appannare o rimuovere ciò che è stato (che in realtà ancora è, a causa dei suoi strascichi), ma, con grande spirito e determinazione, vuole occuparsi dei drammi “passati” e presenti attraverso la stessa intensità e passione … Sempre e ovunque a favore della vita!