
Vogliamo inaugurare un nuovo spazio, libero e “senza scadenze” … Lo spazio della parola, delle parole. Ad accompagnarci sarà Francesca, una conoscenza nata attraverso il Servizio Civile ed evolutasi in un rapporto collaborativo ricco di spunti, energie e riflessioni. Le stesse che desideriamo condividere con voi attraverso questo spazio …
Inaugurare una rubrica dedicata alle parole nasce dall’idea che la modernità abbia lasciato cadere nel vuoto, come un rimosso di poco conto, l’attitudine al silenzio. Eppure, come diceva De Crescenzo, ‘Il silenzio è la miglior forma di ragionamento‘. Esso è sì la fattuale sospensione della parola, ma non del pensiero, di quella zona franca nella quale possiamo concederci spazi di libertà che le parole pronunciate delimitano, costringono. A ben vedere, del resto, quando il silenzio si dilegua, a riempire l’atmosfera è un vociare confuso, spesso inadempiente, privo di consapevolezza.
Questa rubrica vuole restituirci la consapevolezza di ciò che troppo spesso diamo per scontato, ovvero il potere della parola. Riaprire una piccola breccia nelle parole, entrarci dentro, capirne le origini e gli usi più appropriati, che spesso ci sfuggono. Sulla falsa riga dei ‘Sillabari’ di Goffredo Parise, percorreremo, senza scadenze, ma trasportati, come suggerisce l’autore, dalla sola poesia (che “va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi, e non ha discendenti […] Un poco come la vita, sopratutto come l’amore”), parole e situazioni dell’esperienza umana, tentando di ricostruirne un senso, di portarne a galla suggestioni.
Inizieremo con una parola molto cara al VIDES, una parola intima a chi pratica quotidianamente il bene comune: Solidarietà.
Solidarietà è una parola eterea, galleggiante. Una parola nient’affatto materialistica, che evoca qualcosa di inspiegabile alla radice. Essa è il Rapporto di fratellanza e di assistenza reciproca che unisce i membri di un gruppo. Un rapporto immotivato, quindi, e dotato di una semantica propria. Non è un caso che le definizioni da vocabolario usino il termine ‘fratellanza’, a ricalcare una relazione familiare, che si impara intuitivamente alla nascita, di cui si è dotati come del corredo genetico.
La fratellanza solidale è però fuori dalla famiglia, nei margini di quello che il vocabolario chiama ‘gruppo’: l’umanità intera. Solidarietà sarebbe allora il progetto di non vedere dissipati e violati i valori umani, sarebbe l’intervento nella difficolta, la parola di conforto, il sorriso complice e disinteressato. Solidarietà sarebbe lo scendere in piazza anche per reclamare diritti non propri, diritti di altri, diritti che se violati umiliano la nostra umanità.
Solidarietà è il sentimento disinteressato ma obbligato e costretto in quanto naturale, istintivo. Il bisogno della natura umana di reclamarsi tale. Ed è così che il rifiuto della solidarietà evoca il vecchio Cnemone del Misantropo di Menandro, il quale aveva condotto la propria esistenza tenendosi alla larga dagli altri, in nome di una proverbiale e irriducibile intolleranza, grazie alla quale anche la moglie era scappata da lui. Un giorno però, caduto nel pozzo nel tentativo di recuperare un’anfora, Cnemone si ritrova ad accettare l’amara verità del dover avere bisogno di aiuto, a far propria l’idea di dover riporre nell’altro un’inappuntabile fiducia, la speranza di salvezza.
La solidarietà ci fornisce la strada giusta per la fiducia nel prossimo, apre uno spiraglio in un’umanità sempre più striminzita nel gruppo, o peggio nella sua negazione, il singolo. Dicevamo in apertura che si tratta di una parola eterea, di quelle parole che impariamo come ‘astratte’. Eppure, dando un’occhiata all’etmologia, la parola ‘Solidarietà deriva dal latino ‘solidus’, che vuol dire ‘solido‘, ma non solo: nella polisemia latina solidus è compatto, massiccio, duro, forte, robusto, intero, e ancora saldo, vero, reale, genuino, incrollabile.
L’uso appropriato della parola, verrebbe da pensare che sia questo: quel sentimento che ci porta lontano da noi in maniera del tutto naturale e disinteressata, a garantire ad un altro l’aiuto, la sponda, il conforto. Ma solo per ritornare a noi stessi, al nostro capitale umano, al nostro valore esistenziale. Un viaggio di andata e ritorno, tutto sommato, nel quale la meta coincide con il punto di partenza, nel quale la gratificazione maggiorne va a noi stessi. Impariamo la solidarietà: esso è uno dei valori fondanti della coppia, della famiglia, dell’amicizia, ma non solo. La solidarietà, come analogia all’umano diverso da me, è anche la possibilità di un perimetro più ampio, che assottiglia di molto il margine dell’estraneità, e ci pone, come è naturale che sia, su una linea comune.
Francesca Gioia